Scopriamo le nostre capacità di comunicazione per costruire una chiave di accesso agli altri.
Il “passaparola” è forse il mezzo di comunicazione più potente di tutti. (Jim Blythe)
Chi mi conosce bene questa frase me l’ha sentita dire un sacco di volte. In un’epoca di eccessiva digitalizzazione, dove il mezzo telematico regna sovrano, in un periodo storico in cui i social network sembrano farla da padrone, io resto convinto che il migliore mezzo di comunicazione siamo noi stessi. Certo è vero che qualcuno con internet è diventato famoso e ricco ma stiamo parlando di un numero infinitesimale di persone che riescono nell’impresa rispetto a quelle che ci provano. Anche nel nostro mondo sportivo è così. Siamo invasi da sedicenti santoni, guru del lieto vivere, stregoni che ci promettono ricchezza e benessere, ma se andiamo a fondo quelli che “bucano lo schermo” sono veramente pochi. Un amico l’altro giorno mi ha chiesto come facessi a tessere tutte le mie relazioni professionali, senza spendere soldi per la pubblicità su facebook, senza un account instagram e soprattutto senza un catalogo di azioni miracolose da proporre. Candidamente gli ho risposto che non c’è nessun segreto a parte quella sana ed irrinunciabile “faccia tosta” che mi ritrovo, quella faccia che mi consente di rompervi le scatole continuamente con i miei pensieri rumorosi. Mi piace lavorare in gruppo e chi mi frequenta professionalmente avrà compreso che il mio obiettivo principale è quello di cercare di creare fiducia reciproca all’interno dei team di lavoro. Davvero io sono convinto che i mezzi di comunicazione migliori siano la nostra faccia e la capacità di trasmettere attraverso il passaparola tutta la fiducia che ci siamo conquistati. Lo ammetto: sono un animale poco sociale ma ciò non mi impedisce di continuare a fare il lavoro che amo e questo è un guadagno inestimabile, diversamente avrei avuto più difficoltà ad affermarmi sul lavoro, soprattutto in un periodo particolare come quello che stiamo vivendo che è figlio di una serie di difficoltà che ci portiamo appresso negli ultimi anni. Se penso al mio lavoro di coach posso condividere con voi che ho la fortuna di riuscire a fidelizzare i miei coachee, con la sincera convinzione di non avere capacità particolari. A mio avviso ciò che mi sostiene e mi permette di realizzarmi è forse il coraggio di presentarmi così come sono, anche con le mie fragilità. Ho notato che rinunciare a costruirsi una figura “professionalmente ineccepibile” alla fine paga bene e mi rende più comprensibile alla percezione dei miei coachee. Per ora mi limito a questo con l’intento di riflettere insieme a voi. Più avanti dedicherò del tempo ad un approfondimento a riguardo di questo argomento.
Ezio Dau


