Osteoporosi ed esercizio fisico: Linee Guida
Oggi parliamo di una patologia molto diffusa e troppo spesso sottovalutata dal punto di vista dell’esercizio fisico terapeutico: l’osteoporosi.
L'osteoporosi è una patologia caratterizzata da una perdita di densità, massa e resistenza ossea, con una conseguente variazione della microarchitettura strutturale che determina una aumentata fragilità. Queste componenti hanno come conseguenza un maggior rischio di fratture. Tra i fattori di rischio sono da annoverare età, sesso, fattori genetici, carenza di attività fisica, carenze nutrizionali (ad esempio calcio e vitamina D), basso peso corporeo e comorbidità con altre patologie (osteoporosi secondaria data da ipertiroidismo, ipogonadismo, cancro, etc.) e relativa assunzione di farmaci (ad esempio anticoagulanti e corticosteroidi).
Si stima che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5.000.000 di persone, di cui l’80% sono donne in post menopausa. Secondo i dati ISTAT relativi all’anno 2020, l’8,1% della popolazione italiana (il 13,5% delle femmine e il 2,3% dei maschi) ha dichiarato di essere affetto da osteoporosi, con prevalenza che aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, in particolare nelle donne dopo i 55 anni, fino a raggiungere il 32,2% oltre i 74 anni (il 47% delle femmine e il 10,3% dei maschi).
I sintomi dell'osteoporosi, tuttavia, spesso non si manifestano fino a quando non si verificano le prime fratture, che possono essere spontanee o causate da traumi minimi. Le fratture più comuni sono a livello del polso, della colonna vertebrale, del femore e dell'anca, ma possono coinvolgere anche altre parti del corpo (Warriner et al., 2011)
La diagnosi si effettua attraverso una densitometria ossea (DEXA o MOC), un esame diagnostico che permette di calcolare, attraverso l’impiego di raggi X, la densità minerale ossea (Bone Mineral Density – BMD). I siti generalmente esaminati sono la colonna lombare e il femore prossimale. I dati ricavati vengono confrontati con quelli attesi, per poi esprimere un valore numerico chiamato “T-score” (per i pazienti di età superiore ai 50 anni), che corrisponde alla differenza tra il valore di densità minerale dell’osso esaminato e il campione di riferimento rappresentato da soggetti sani di 30 anni al picco di massa ossea. Sulla base dei valori di T-score, i valori densitometrici vengono definiti normali (T-score > -1 SD), osteopenia (T-score tra -1.0 SD e -2.5 SD) e osteoporosi (T-score ≤ -2.5 SD). Nei soggetti giovani, i valori di BMD vengono espressi in “Z-score”, che misura la differenza tra il valore di densità minerale dell’osso esaminato ed il campione di riferimento rappresentato da soggetti di pari età. Nei soggetti giovani, la diagnosi di osteoporosi si basa sul riscontro di un valore di Z-score uguale o inferiore a -2.0 SD.
Di fondamentale importanza per questa patologia è la prevenzione primaria, che prevede uno stile di vita sano ed attivo, una dieta ricca di calcio e vitamina D e, infine, la valutazione dei fattori di rischio a livello individuale (WHO, 2018).
Entrando nell’area prettamente di nostro interesse, possiamo affermare a tutti gli effetti che l'esercizio fisico ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento dell'osteoporosi. L'attività fisica regolare aiuta a mantenere la BMD, migliora la forza muscolare e l'equilibrio e, di conseguenza, riduce il rischio di cadute e fratture, contribuendo ad aumentare la qualità della vita della persona (Sinaki et al, 2010; Daly, 2019).
Gli esercizi contro resistenza e contro gravità sono particolarmente efficaci per prevenire la perdita di massa ossea. In particolare, è stato dimostrato come l’allenamento della forza possa incrementare indicatori della sintesi ossea come il collagene di tipo 1 ammino-terminale propeptide (P1NP) e ridurre i livelli di indicatori responsabili del riassorbimento osseo come il telopeptide C, frammento del collagene di tipo 1.
Le linee guida (ACSM, 2021) includono attività di sollevamento pesi, rinforzo a corpo libero e utilizzo di macchinari isotonici. Tuttavia, queste attività dovrebbero essere fatte con una progressione graduale e con il supporto di un professionista qualificato, in grado di impostare un programma di allenamento basato su specifici principi di volume e intensità: in particolare, è fondamentale valutare la forza del paziente (anche con rilevazioni indirette) e rapportarla alla sua condizione individuale. Nello specifico, le linee guida sul resistance training consiglano esercizi multiarticolari con carichi compresi tra il 50% e l’80% (!) di 1RM, affiancati sempre da esercizi complementari e a corpo libero.
Altresì, anche l'esercizio aerobico a basso impatto, come le attività di camminata e di ciclismo, può aiutare a mantenere la salute cardiovascolare e migliorare l'equilibrio e la flessibilità, riducendo il rischio di cadute, ma a livello clinico non è efficace come l’allenamento con sovraccarichi (Kitsuda, 2021).
Secondo molteplici evidenze scientifiche, molto utili per migliorare la BMD sono gli esercizi pliometrici, ossia tutti quegli esercizi nei quali si susseguono rapide contrazioni eccentriche a contrazioni concentriche (rapido ciclo di allungamento-accorciamento), con elevata produzione di forza elastica (Gomez et al, 2017; Nelson et al, 2020). Sono esercizi pliometrici, ad esempio, i balzi e tutte quelle attività che prevedono una fase di volo, un atterraggio e una conseguente rapida elevazione. Tuttavia, nonostante la loro comprovata efficacia sulla BMD, queste attività sono ad alto impatto e non sempre adatte a persone fragili e, molto spesso, anziane.
Domanda “da un milione di dollari”: il nuoto è utile per l’osteoporosi? Storicamente questa attività è sempre stata consigliata da molti esperti per trattare problematiche articolari, posturali e muscolo-scheletriche come, ad esempio, molti tipi di mal di schiena. Tuttavia, nel caso di una ridotta BMD, il nuoto ha benefici pressoché assenti, in quanto in acqua si verifica il Principio di Archimede, grazie al quale un corpo immerso in un fluido subisce una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato (spinta di Archimede). In sostanza, le attività in acqua sono in scarico gravitazionale, mentre una componente fondamentale per l’osteoporosi è proprio quella del lavoro in carico gravitazionale. Pensate, ad esempio, agli astronauti che si trovano nello spazio, dove vi è una ridotta gravità: non a caso, questa categoria professionale è una di quelle più a rischio per quanto riguarda la riduzione della BMD.
Per concludere, possiamo affermare che l'esercizio fisico regolare giova alla salute dell’osso, migliora la forza muscolare e l'equilibrio e riduce il rischio di cadute e fratture nelle persone con osteoporosi, ma va fatto con criterio e tenendo conto di alcuni aspetti tecnico-metodologici molto importanti, come ad esempio quello del carico gravitazionale. Inoltre, come per ogni patologia cronico-degenerativa, una corretta anamnesi e valutazione risulta fondamentale per impostare un programma di allenamento mirato e coerente con le caratteristiche e gli obiettivi della persona.
Luca Olivero


