La formazione per gli operatori sportivi. Un vissuto più di fastidio piuttosto che la considerazione di una risorsa essenziale.
Vogliamo oggi parlare di formazione sportiva per allenatori e dirigenti. Sono reduce come discente da un evento formativo davvero interessante che mi ha lasciato la sensazione di essermi davvero arricchito molto. Questo mi ha fatto pensare a tutte le volte che concludo un’attività di formazione come docente e mi interrogo sempre sul lavoro fatto, sulle sensazioni che i partecipanti mi trasmettono e sui feedback che mi restituiscono. Mi interessa soprattutto capire se realmente sono stato di aiuto ad ognuno oppure ho semplicemente somministrato loro una serie di informazioni di carattere generico come spesso avviene nei corsi di formazione, ma che non hanno grossi riscontri nella pratica quotidiana. Una volta in particolare ricordo di avere chiesto ad una persona che considero molto preparata, partecipante ad in corso di formazione, un feedback sincero di come si fosse sentita ad aver partecipato ad un evento in cui aveva sperimentato il mio personale modo di propormi come formatore. Questa persona mi ha detto che in tutta sincerità era venuta a fare un corso solo perché obbligata e neanche tanto volenterosa di sentire cose che pensava di sapere già in modo esaustivo e che si era attrezzata per sopportare questo evento formativo. Tuttavia sentendomi parlare, a suo dire, si era resa conto che in realtà stava succedendo qualcosa di diverso e cioè che si sentiva coinvolta nel lavoro comune e che apprezzava il mio modo di coinvolgere le persone e farle sentire partecipi di quello che stava succedendo. Ammetto di avere provato una certa emozione nel sentire queste parole perché è quello che ho sempre cercato di fare da sempre. A me non interessa tanto insegnare per dimostrare ai discenti che ho studiato e che magari padroneggio agevolmente l’argomento, ma mi piace fare in modo che la formazione che propongo sia coinvolgente e che sia magari l’inizio di un nuovo percorso insieme. La cosa che mi ha stupito nell’evento sopra citato è che la stessa persona abbia voluto approfondire il ragionamento chiedendomi cosa mi ha portato a fare quel tipo di proposta e perché avessi scelto proprio quel tipo di percorso. In quel momento ho sentito che ci stavamo influenzando e contaminando a vicenda lasciandoci andare ad un momento di esplorazione davvero coinvolgente. Ecco, per me sta qui l’emozione di fare formazione utilizzando anche delle strategie di coaching. Non è tanto quello che raccontiamo agli altri, ma come lo raccontiamo e soprattutto cosa suscita in loro, e come li motiva a passare all’azione. Fosse per me lo farei tutti i giorni ma fare formazione ancora oggi è visto come un fastidio da sopportare e non come un’esperienza da vivere soprattutto attraverso le nostre emozioni. A malincuore devo affermare che la stragrande maggioranza degli operatori e le loro rispettive società sportive non amano molto ricercare percorsi di formazione continua e sono disponibili a frequentarli solamente se obbligati da una procedura e dai regolamenti. Allo stesso modo le grandi organizzazioni sportive tendenzialmente limitano la loro formazione agli aspetti tecnici della loro disciplina e niente di più. In un mondo come il nostro che evolve a grande velocità francamente faccio fatica a comprendere questa poca coerenza degli operatori che sono disposti a rimanere indietro rispetto all’evoluzione continua della disciplina che insegnano. Originariamente pensavo che fosse un problema di natura economica, ma per esperienza ora posso affermare che c’è poca disponibilità a partecipare alla formazione seppure interamente finanziata. Chi si è appassionato alla formazione, ovviamente di qualità e magari pure professionalizzante, sa bene che è un investimento che ritorna alla grande sia in termini di competenze che di rientro economico. Secondo voi che bisogna fare per cambiare rotta? Potrà essere solo un fatto culturale e di mentalità? Chissà se qualcuno può aiutarmi a capire….
Ezio Dau


