I ragionamenti di una “scoliotica”.
Ho la scoliosi, ne sono affetta da quando avevo 5 anni, precocemente diagnosticata grazie al medico di famiglia del tempo che subito consigliò mia madre di farmi frequentare corsi di ginnastica correttiva e di nuoto a cui poi ho affiancato corsi di danza. Per molto tempo ho ragionato sulle cause che determinano questo dismorfismo e andando avanti negli anni ho letto, ricercato, chiesto pareri incontrando molte opinioni e nessuna certezza. Alla soglia dei miei 63 anni e per il mio ruolo da trainer ho incontrato innumerevoli casi di scoliosi per i quali ho progettato diversi e diversificati protocolli di lavoro, scoliosi tanto femminili che maschili in quanto, soprattutto nell’ultimo decennio, questa patologia che per molto tempo si è manifestata quasi esclusivamente nelle donne, ad oggi è presente in maniera importante anche negli uomini. Nel tempo ed in virtù dell’esperienza acquisita ho adattato e variato gli allenamenti rieducativi in una continua ricerca di protocolli di lavoro che vestissero al meglio la situazione psicologica, emotiva e fisica della persona.
Ho avuto casi di scoliosi dai 10 anni di vita in su, sia maschi che femmine, scoliosi di diversi gradi Cobb, più o meno gravi che, in ogni caso, hanno influenzato negativamente la qualità di vita, limitato la mobilità articolare, creato deformazioni, spesso comportando dolore soprattutto in casi nei quali non è stato intrapreso il percorso rieducativo e dove artrite e artrosi aggiungono complicanze.
Mi sono state sottoposte numerose diagnosi mediche nelle quali, spesso, ho notato la tendenza a standardizzare le stesse e a non considerare il supporto fondamentale dell’attività fisica rieducativa mirata e a rendere di difficile comprensione tale patologica e le strade da percorrere, specie in quei casi di scoliosi giovanile dove le possibilità di risultati positivi è ancora alta.
Fermo restando che nessuno vuole sostituirsi allo specialista medico, e mai trascurando il grado di gravità della patologia nonché la presenza di dolore o meno, ritengo però che ci sia scarso dialogo tra il mondo medico e quello dei professionisti dell’educazione motoria. Per comprendere meglio ciò di cui parlo voglio portarvi l’esempio di un mio allievo di 14 anni, Marco. A Marco è stata diagnosticata una scoliosi di 52° Cobb e, in un noto centro specialistico italiano, è stata suggerito l’intervento chirurgico da eseguirsi entro pochi mesi. Tale intervento consiste in una artrodesi posteriore strumentata e prevede l’applicazione di impianti metallici (viti e barre) nelle vertebre per riportare la colonna vertebrale in una posizione “naturale”. Non a caso ho virgolettato “naturale” in quanto tali barre e viti bloccano nel vero senso della parola la colonna vertebrale determinando una diminuzione della mobilità soprattutto in flessione che è l’atteggiamento assunto più frequentemente nella vita quotidiana (allacciarsi le scarpe, raccogliere un oggetto etc.). Pensiamo ora ad un ragazzo di 14 anni come Marco in piena età adolescenziale ed ancora non in completa maturità scheletrica, non sarebbe il caso di affrontare prima di tutto un percorso rieducativo motorio, posturale, di rinforzo muscolare e rivalutare l’intervento a maturità ossea raggiunta?
L ‘aggettivo che sempre viene associato alla parola scoliosi è “idiopatica” poiché, ad oggi, le cause sono sconosciute e benché le ipotesi siano molteplici spaziando dalla genetica (ereditarietà) alla psicosomatica, ad oggi non vi è una risposta certa.
Ciò che ha influenzato maggiormente la progettazione dei miei protocolli rieducativi è stato l’aspetto psicosomatico ovvero sulla somatizzazione di esperienze, di situazioni a noi non consone, non gradite ma che per qualche ragione (età, senso di dovere, incapacità di reazione etc.) appesantiscono, schiacciano la nostra esistenza come grande peso di cui sentiamo l’obbligo di farci carico. In maniera ironica, ho definito questa componente psicosomatica come “lato oscuro” che è stato l’oggetto di studio che ho voluto approfondire in quanto, ogni persona “scoliotica” che ho conosciuto, ha confermato un disagio passato protratto (chi più chi meno) nel tempo.
Con tutte le casistiche affrontate ho creato una statistica mettendo in rapporto:
- il disagio psicologico
- la capacità e il tempo di reazione a questo disagio
- la gravità della patologia in base ai due punti di cui sopra
Ai soggetti (che definirò per comodità casi studio) che hanno intrapreso un percorso rieducativo presso il mio studio Pilates, prima ancora di iniziare qualsiasi tipo di attività fisica ho proposto una narrazione della loro (lunga o breve) storia di vita passata e presente estrapolando quei punti che individuavano ogni eventuale insoddisfazione, senso di costrizione, inadeguatezza, difficoltà di socializzazione e di rapporti familiari e via dicendo.
Per ogni individuo è risultato che tanto prima si era verificata una qual sorta di “ribellione” allo stato disagio tanto minore era la gravità della patologia, viceversa tanto più perdurava l’incapacità psicologica di reazione tanto più grave risultava la scoliosi.
Queste valutazioni hanno influenzato fortemente diversi fattori come:
- come pormi empaticamente nei loro confronti
- nel bilanciamento dell’intensità di lavoro
- nei tempi applicati per le varie esecuzioni dei movimenti
- nell’accettazione delle reazioni più svariate (a volte anche difficili da affrontare) che ogni allievo ha avuto spaziando dal pianto alla rabbia, dalla paura al riso liberatorio
- nel non avere aspettative poiché ogni risultato ottenuto è stato sempre una sorpresa per come è avvenuto e nei tempi in cui è avvenuto
Ogni qual volta che andiamo a smuovere dei blocchi fisici in quei punti si riattiva la circolazione sanguigna e l’apporto di ossigeno, le tossine accumulate in quei blocchi vengono smaltite dal sistema linfatico, il sistema respiratorio riprende gradualmente la sua corretta funzione, stimolato anche dall’impostazione di una respirazione forzata, in alcuni casi unilaterale e il sistema nervoso conseguentemente ne giova moltissimo.
La mia personale esperienza come “scoliotica”? Figlia unica fino agli 8 anni, super protetta da mamma e nonna che hanno cercato di difendermi da chissà chi e chissà cosa, alla nascita di mia sorella sono diventata di una vivacità e loquacità imbarazzante ed andando avanti con gli anni nessuno ha più potuto frenare le mie scelte.
Per concludere: la mia scoliosi non è grave.
Emanuela Misciglia


