Il valore della diversità. Distinguersi aiuta a farsi riconoscere al meglio.
Ho bisogno di distinguermi dalla massa. Non mi sento a mio agio in mezzo alla maggioranza. (Jim Morrison).
Lo ammetto: provo un particolare piacere a sentirmi differente. Mi piace dare un’immagine che mostri tratti diversi. In un momento storico che invita tutti all’uniformità e all’omologazione provo gusto a rimanere poco coinvolto dagli stereotipi. Porto l’esempio del lavoro perché è un ambito nel quale la differenziazione mi ha regalato dei risultati soddisfacenti. Ho deciso di scrivere un paio di volte alla settimana il mio blog e lo faccio trasformando in parole scritte una serie di pensieri e di emozioni che mi pervadono. Lo faccio scrivendo senza pensare al numero di parole da usare, evitando l’utilizzo di hashtag, senza taggare nessuno nei miei articoli e senza preoccuparmi di avere una linea editoriale ben definita che si basi sulle tendenze che i motori di ricerca propongono. Voi mi chiederete: “perché?”. Risposta: perché lo fanno altri milioni di persone ed in mezzo a tanto affollamento nessuno mi riconoscerebbe. Nel mio piccolo, invece, sto costruendo una mia immagine che non molti riconoscono, ma quelli che già lo fanno mi hanno dimostrato fedeltà e apprezzamento. Che bisogno ho di essere visto da una valanga di persone se poi non ho la possibilità di interagire con loro? Preferisco riferirmi ad una quantità di persone nettamente inferiore che, sono interessate a me e a quello che eventualmente ho da dire. E credetemi che quelle poche persone, si fa per dire, conferiscono al mio lavoro un valore enorme in termini di pubblicità, passaparola e fiducia. Se mi posso vantare di una cosa è il basso turnover di clienti che si manifesta nella mia attività lavorativa e questo è dovuto proprio alla particolarità dell’approccio con cui cerco di avvicinarmi a loro, basato sull’attenzione e sulla percezione dei loro bisogni. Mi piace immaginarmi come un sarto che cuce un abito su misura, provo parecchia soddisfazione nel sentirmi “adatto” ai miei clienti. Non mi disturba affatto dovermi impegnare di più, rispetto al fatto di svolgere il mio lavoro in modo standardizzato, poiché la soddisfazione che posso scorgere nelle persone che hanno “lavorato” insieme a me riesco a farla mia e mi dona altrettanta gratificazione. Ho spiegato in queste poche parole, qual è il mio modo di fare coaching. Molto semplice senza marchi registrati e titoloni eclatanti. Ci siamo solo io e i miei coachee; insieme a loro affronto i loro viaggi senza mai deciderne la destinazione. Mi fido di loro e loro si fidano di me. Sanno dall’inizio che nulla potrò promettere loro ma mi farò in quattro per poterli sostenere, impegnandomi al massimo anche quando il mio pensiero mi porterebbe altrove e le mie opinioni sono totalmente diverse. Ecco qui la mia piccola storia odierna, forse anonima, in cui non c’è nulla di strepitoso e altisonante. Ma io sono fatto così, col tempo ho imparato a non avere paura di andare “In direzione ostinata e contraria”, tanto per citare un’opera postuma del grande Fabrizio De André. Ecco, avevo propri o bisogno di condividere questo mio pensiero scomodo, uno di quelli che ci fa sentire a volte soli e nudi, ma che ci permette di costruire una nostra personalità, che nessuno può imitare e che diventi il nostro brand da mostrare a tutti. Sì, perché il vero brand siamo noi stessi ed il modo in cui ci poniamo di fronte al mondo intero. Chissà se sono riuscito a portarvi un po’ nel mio mondo unico e a farvi venire voglia, se non lo fate già, di costruire il vostro mondo unico e inimitabile.
Ezio Dau


