Il Team Building: le persone giuste nel posto giusto.
“Il primo metodo per valutare l'intelligenza di un sovrano è guardare gli uomini che ha intorno a sé.” Questa frase tratta da “Il Principe”, capolavoro di Macchiavelli, mi porta a condividere un pensiero che spesso faccio. Mi arrivano spesso lamentele di dirigenti sportivi che denotano un calo della partecipazione alle loro attività, spesso addebitando la responsabilità alla crisi, alla sfortuna e soprattutto all’incapacità dei loro collaboratori. Non solo in ambito sportivo ma anche in altri ambienti di lavoro spesso devo sottostare alla filosofia che tanto non si possa fare di meglio poiché col materiale umano a disposizione di più non si possa fare. Chi mi conosce sa che questa teoria mi fa uscire il fumo dalle orecchie. Mi viene da pensare che sia facile cadere in atteggiamenti di deresponsabilizzazione piuttosto che ammettere che il vero problema stia nelle scelte e che ci sia poca attenzione e qualità nella scelta di eventuali collaboratori. Non voglio dire che si tratti solo di incapacità, ma altri fattori influiscono molto quali l’esigenza di non doverli pagare troppo, l’assenza di un momento di colloquio approfondito e di accoglienza che ci permettano di conoscere meglio il nostro futuro interlocutore, la fretta di coprire un posto vacante oppure la superficialità nel giudizio e non trascurerei la pigrizia. Scegliere persone, o come piace pensare a me scegliersi a vicenda tra persone, è un’opera delicata che richiede tempo e dedizione certosina. Avere persone a cui delegare dei compiti in assoluta fiducia, sui cui contare nei momenti di difficoltà e soprattutto che amano il lavoro che state svolgendo almeno quanto vuoi è un privilegio che si acquista investendo del tempo per poterle conoscere e scegliere con cognizione di causa. Indipendentemente dai curricula o dalla voglia di fare non tutti sono adatti a tutto ed intraprendere percorsi insieme a collaboratori che non condividono la stessa passione per quello che facciamo potrebbe essere controproducente. Devo anche ammettere che sono ancora troppe poche le realtà lavorative che hanno questa capacità di inclusione al loro interno. In questo il mondo sportivo non fa eccezione anzi si rivela spesso poco incline ad accogliere le novità e si fossilizza sulle prassi abituali e consolidate. Quando siamo al cospetto di una squadra che vince siamo pronti ad elogiarne la diversità e l’originalità, ma solo perché non possiamo farne a meno, mentre quando i miglioramenti sono meno evidenti e più a lungo termine non ci entusiasmiamo più di tanto. Tutto questo è un po’ legato al concetto di costruzione di squadra, il tanto decantato Team Building, un concetto che ci riempie la bocca ma che spesso viene maneggiato con scarsa competenza. Che cos’è davvero il Team Building se non lo scegliere le persone giuste e valorizzare in maniera omogenea le loro capacità? Oltretutto per esperienza nel mio lavoro di coach vi devo dire che sono davvero poche le attività emozionanti e coinvolgenti quanto lo è la costruzione di un gruppo di lavoro. Il Team Building è esso stesso parte integrante di ciò che andremo a svolgere e ne determina l’avvio concreto. Prendersi cura del gruppo fino a farlo diventare squadra è un investimento davvero fruttifero.
Ezio Dau


