Accogliere il fallimento. Il primo passo verso l’obiettivo.
La gestione del fallimento, che nello sport come nella vita di tutti i i giorni, si riflette nel mancato raggiungimento degli obiettivi è una questione dibattuta oramai da tempo immemore e la prima domanda che ci poniamo di solito è quella che ci porta alla ricerca delle cause del fallimento. Mi sono sempre chiesto (e forse non ho la risposta) se davvero è necessario andare a fondo sulle origini dell’insuccesso. E’ chiaro che macroscopicamente sappiamo cosa non ha funzionato ma mi chiedo se perdere tempo a cavillare sulle cause e sui colpevoli tante volte non ci distolga dal pensare a come raggiungere davvero l’obiettivo che abbiamo inizialmente fallito. Mi capita spesso nella professione di coach di incontrare persone che si torturano il cervello cercando di capire come sia potuto accadere nonostante l’attenzione e la cura che avevano riposto nell’inseguire quell’obiettivo. A mio avviso avere risposte certe non solo è difficile ma quasi impossibile. Allora io più che focalizzarmi sul come sia potuto succedere mi focalizzerei sul come trarre profitto da una situazione che non ha soddisfatto le nostre aspettative. E’ davvero presuntuoso e illusorio pensare di poter ottenere tutto al primo tentativo. Forse che un grande artista o un grande scienziato o una qualsiasi persona che nella vita ha avuto successo avrebbe potuto dichiarare di esserci riuscito al primo tentativo? Anzi se andiamo a ben vedere tutte le più grandi opere o scoperte sono arrivate a seguito di innumerevoli tentativi andati a male e la sopportazione di innumerevoli fatiche. Ma proprio qui sta la questione. Il tentativo andato a male va considerato come un punto di riferimento. L’errore ci evidenzia una strada da non ripercorrere, restringe in campo d’azione e ci indirizza verso la giusta meta. Proprio così: gli errori ci orientano verso la strada corretta. Va messo in conto e fa parte del progetto, abbiamo bisogno di investire tempo ed errori per costruire un corretto piano attuativo che ci faccia perseguire l’obiettivo prefissato. Usando una metafora che mi piace molto possiamo dire che è come quando impostiamo il navigatore sull’auto e sbagliamo strada oppure la troviamo interrotta, il navigatore si resetta si prende il suo tempo e ci ripropone la strada più adeguata. Ecco noi dobbiamo essere quel navigatore che non si blocca, recepisce che da lì non si può passare e trova un’altra soluzione per poter ripartire. Mi rendo conto che viviamo in un mondo veloce, che sembrerebbe non concederci tempo per andare avanti verso i nostri obiettivi, ma spesso ci ritroviamo a girare in tondo con l’illusione di essere in movimento ma in realtà siamo sempre al nostro punto di partenza. La mia esperienza mi porta a dire che quando ciò accade la strategia più redditizia è quella di “stare” e cioè di prendersi il tempo per progettarlo davvero quel piano d’azione che ci serve per raggiungere gli obiettivi. Respirare, alleggerire i pensieri e soprattutto dare ascolto al proprio corpo sono le strategie giuste. Voi mi direte che non è facile e su questo concordo. E’ necessario attuare un cambiamento sulle proprie abitudini e per fare questo si deve fare molto allenamento e questo allenamento è il COACHING. Riprendiamo in mano la nostra vita e ridiamoci delle possibilità, facciamo in modo che le negatività che hanno attraversato la nostra vita diventino una risorsa che ci rende più forti e più consapevoli. Vedrete che a mano a mano gli obiettivi si avvicineranno e saremo in grado di resistere alle più grandi sollecitazioni senza soccombere. Chissà se anche voi siete su questa lunghezza d’onda!
Ezio Dau


