A volte il solo pensiero non basta. Chiediamo aiuto alle emozioni.
Alcune persone sentono la pioggia. Altri semplicemente si bagnano. (Bob Marley).
Sto facendo un percorso insieme ad altri miei colleghi coach. Sono molto contento di quello che stiamo condividendo poiché la contaminazione che emerge da questa grande condivisione che stiamo portando all’interno di questo gruppo, sta mettendo in atto, per quel che mi riguarda un percorso di grande crescita personale. Mi piace che questo gruppo di lavoro stia facendo emergere le diversità che ognuno di noi porta dentro di sé e si dia da fare per valorizzarle. Noto però che non tutti viaggiamo alla stessa velocità e che qualcuno più di altri fatichi a lasciarsi andare e dare sfogo alle proprie emozioni. L’aspetto cognitivo è ancora troppo presente e condizionante e non permette ad alcune persone di poter dare voce alle proprie potenzialità e ai propri talenti. Il pensare troppo e il rimanere attaccati ad una serie di etichette che ci hanno accompagnato in precedenza a volte sono troppo limitanti rispetto alla pratica di utilizzare i nostri sensi per scoprire ciò che ancora non abbiamo fatto emergere dal nostro intimo. Il motto potrebbe suonare così: “Pensare meno, sentire di più”. Ci fidiamo molto del nostro cervello e di quello che prende forma al suo interno ma spesso ci capita di non avere tutti i dati per formulare un pensiero che ci spinga ad agire. Che fare in questo caso? Sicuramente fidarsi di più di ciò che sentiamo imparando ad ascoltare noi stessi. Sappiamo che è importante imparare ad ascoltare gli altri ma spesso diamo per scontato di sapere che cosa è buono per noi e non ci predisponiamo all’auto-ascolto. I sensi sono importanti e riconoscere ciò che il nostro corpo ci restituisce attraverso i suoi segnali è davvero prezioso. Ricordo la paura dei primi tempi in cui mi affacciavo alla professione di coach e dell’ansia di restituire agli altri soluzioni performanti che risolvessero situazioni di ogni tipo e in tempi brevissimi. Col tempo ho imparato ad ascoltare il mio corpo e utilizzare i suoi segnali come fossero dei rivelatori di processi per me ancora un po’ sconosciuti. Ho imparato a rispettarmi come uomo per imparare a rispettare gli altri. Quando devo affrontare insieme al mio coachee una situazione particolare mi chiedo come potrebbe essere per me viverla in prima persona e questo mi aiuta a fare luce, ad esplorare meglio quello che mi sta portando. Imparare a lasciare andare mi ha dato la possibilità di diventare più sensibile nei confronti del coachee e mi ha aiutato a costruire una relazione solida e soprattutto basata sulla fiducia. So che non è così spontaneo ed immediato mettere in standby il cervello ed affidarsi al cuore, ma proprio per questo oggi ho voluto provare nel mio piccolo ad ispirare in voi un pensiero diverso.
Ezio Dau


