Lo Sport. Neurodiversità.
Termine coniato dalla sociologa australiana Judy Singer, comparso per la prima volta in un articolo pubblicato alla fine degli anni Novanta, sulla rivista inglese The Atlantic, il termine NEURODIVERSITA’ presenta lo sviluppo neurologico atipico come una variazione naturale del cervello umano e non come una patologia.
Oggi questo termine fa riferimento a tutte quelle condizioni che rientrano in un quadro di neurodivergenza, cioè di allontanamento dalla condizione più comune e frequente che è definita neurotipica.
Nel ventaglio delle neurodivergenze troviamo le difficoltà di apprendimento, i funzionamenti cognitivi limite (tra cui i FIL) e le disabilità. Stiamo parlando del 7% della popolazione italiana secondo un’indagine di Vianello, Di Nuovo e Lanfranchi del 2014, oltre 200.000 alunni tra i soli 6 e 10 anni.
Operare sulle aree di fragilità con percorsi di potenziamento può essere un impegno che, attraverso l’importanza riservata alle esperienze corporee, permette di stabilire nuove importanti conquiste. Una sfida che promette di mettere in gioco creatività, innovazione, attenzione specifica per il benessere della persona, competenza e grande soddisfazione.
Chi di voi ha provato a rinforzare le competenze spaziali di un DSA?
Quali tecniche, strategie, quali strumenti hanno meglio funzionato?
Come hai provato a costruire e/o fortificare le abilità di base per gli apprendimenti espliciti?
Hai, all’interno della tua struttura, una rete di professionisti che dialogano a partire dalla presa in carico, attraverso l’orientamento, la tutela, l’attività individuale, l’attività di gruppo e l’operatività specifica per ognuno?
Dal mio personale punto di vista poter lavorare per sostenere le funzioni esecutive è un privilegio che dovrebbe essere riservato ad ogni ragazzo: inibizione (cognitiva e motoria), attenzione focalizzata, memoria di lavoro, flessibilità, pianificazione ed organizzazione in chiave pedagogica chi danno la possibilità di conoscere le modalità attraverso cui promuovere la crescita della persona.
E’ davvero probabile che pur non scegliendo di svolgere un attività specifica rivolta alla disabilità, capiti però ad un istruttore di trovare innumerevoli neurodiversità all’interno del proprio gruppo di allievi/atleti e pertanto essere pronti a riconoscere gli anticipatori e il funzionamento di ognuno risulta oggi fondamentale per poter impostare un buon lavoro. Vale la pena lasciarsi incuriosire, formarsi e interrogarsi.
Se avrai piacere lo potremo fare anche insieme.
Melissa Balbo


